Museo del Suolo: tutelare divertendosi con Greenopoli

, ,

Tra piante ed acqua

Già prima di entrare al Museo del Suolo ci si accorge di trovarsi difronte, più che a un museo, a un esperimento a cielo aperto. Sul tetto dell’edificio, infatti, un quadrilatero di viti di diverse varietà espone i suoi grappoli al sole, e fa da cornice insolita ad un parcheggio. Scendendo lungo una piccola discesa, invece, alberelli da frutto come pere e ciliegi accompagnano il visitatore all’ingresso, con il rumore dell’acqua del Tanagro che scorre a pochi passi. Una presentazione semplice ed efficace delle storie che si ascolteranno all’interno.

Il Museo e le sue storie

Il racconto di come una foglia secca, quindi morta, possa trasformarsi in vita per altre piante diventando humus. L’impiego di sensi come il tatto, la vista e l’olfatto per scoprire le diverse composizioni dei suoli. La scoperta della lunghezza delle radici, che spesso sono il triplo della grandezza della pianta stessa. La serra rosa, il Teatro del Suolo, la sala dei Pedon: ogni stanza racconta una storia, un pezzetto di quel mondo invisibile e nascosto di cui, spesso, si ignora la dinamicità e l’importanza.

Uno dei suoli più fertili al mondo è quello di Casal di Principe, in piena Terra dei Fuochi. Com’è possibile che sotto tonnellate di immondizia si celi il luogo fertile per eccellenza, la “Campania Felix” dei romani? E com’è possibile distruggere una risorsa così preziosa, quando basterebbero comportamenti più corretti a preservarlo? Su queste domande, a cui ogni giorno il museo tenta di dare risposta, è stato incentrato l’incontro con Giovanni De Feo e il suo Greenopoli, progetto di educazione ambientale.

http://www.greenopoli.it/home/il-metodo-greenopoli/

Greenopoli

Greenopoli è un metodo alternativo e coinvolgente di sensibilizzare le persone sul tema della sostenibilità ambientale. È stato ideato dal professor De Feo, docente di Ecologia Industriale a Salerno e Ambientalista dell’anno 2018. Attraverso filastrocche e personaggi inventati il progetto rende coinvolgente e stimolante il tema del ciclo dei rifiuti, della conservazione dell’ambiente, dell’importanza dell’acqua. Il suo inventore lo definisce “un sito internet (www.greenopoli.it), una pagina Facebook, un’idea, un metodo didattico, un gioco, un libro”. Si è inserito perfettamente nel solco delle tematiche che il Museo del Suolo porta avanti, e ha raccolto un pubblico di appassionati e curiosi.

Introdotto dalla dott.ssa Rosangela Addesso, l’incontro si è tenuto il 7 settembre e ha permesso a De Feo di calamitare l’attenzione su temi fondamentali per la vita sulla Terra, strizzando l’occhio a una narrazione attiva, curiosa, divertente, fondata sul gioco. Importanti sono state le “buone pratiche” di cui il professore ha parlato, e alternativi sono stati i modi in cui le ha fissate nella memoria dei partecipanti. Una bella esperienza, sicuramente da ripetere e ampliare.

Il ponte di Campestrino: un esempio di ingegneria

, ,

Un sistema di ponti.

Fatto costruire nella seconda metà del 1700 da Ferdinando IV di Borbone, il ponte di Campestrino (o Campostrino, com’è comunemente chiamato) è una costruzione che denota una certa capacità ingegneristica. Oltre al ponte vero e proprio si può parlare di un sistema di ponti, che scavalca la gola di Campestrino verso i comuni di Auletta e Pertosa. Prima di giungere al ponte, infatti, ci sono da percorrere cinque tornanti, di cui tre sostenuti da strutture portanti.

Dal ponte di Campestrino verso i tornanti.

La costruzione.

La costruzione dell’opera si inserisce in un più ampio progetto di bonifica del Vallo di Diano affidato all’ingegnere Pollio, che a sua volta diede l’incarico del ponte ad un suo progettista. Costui immaginò di tagliare, anziché aggirare, il burrone di Campestrino: la prima parte dell’opera fu però la realizzazione dei tornanti, che consentissero di superare il dislivello di altezza. La seconda parte del progetto fu la realizzazione del ponte vero e proprio, composto da archi e contrafforti che lo rendessero il più possibile solido, in maniera tale da scavalcare la gola.

I tornanti sono sostenuti da dei poderosi terrazzamenti in muratura, di cui tre presentano al centro un arco; se visti dal basso, due sono perfettamente allineati tra di loro quasi a formare un cannocchiale. Il ponte invece, lungo settanta metri, si eleva su un burrone di notevole profondità ricoperto da fitta vegetazione. Affacciandosi dall’alto non si riesce a vedere il fondo della gola, mentre sia a destra che a sinistra le pareti rocciose scendono giù a strapiombo. Il ponte ha sette contrafforti per lato, quattordici in tutto, alternati a degli archi in maniera tale da assicurare solidità e resistenza. In tutto le arcate sono ventisette.

Notizie storiche del ponte.

Un illustre studioso locale, Vittorio Bracco, che tanto ha contribuito alla scoperta della storia del Vallo di Diano, così descrive la costruzione del ponte di Campestrino. “A Polla fu in quel periodo tutto un affluire di militari, di forzati e di maestri forestieri addetti alla costruzione della strada che, subito dopo la salita della Molinara appartenente a Caggiano, imboccava il nostro tenimento mettendo a dura prova la fibra delle squadre con la faticosa opera del ponte gettato sul burrone e delle 9 giravolte necessarie per superare lo sprone di Campestrino.” (V.Bracco, Polla. Linee di una storia, Cantelmi, Salerno, 1976).

Foto di Vincenzo Raimondo. https://www.facebook.com/Vito.Panzella1/photos/a.1466383803662438/2172061483094663/?type=3&theater

La costruzione del ponte, cominciata nel 1785, costò una cifra spropositata per l’epoca, ossia seicentomila ducati. Si dice che quando nel 1788 Ferdinando IV venne a controllare lo stato dei lavori, si lamentasse molto sia dell’itinerario scelto sia della somma di denaro versata. Le critiche furono tali e tanti che il progettista del ponte si suicidò, lanciandosi nel vuoto dallo stesso ponte che aveva costruito. La notizia è riportata da Giuseppe Albi-Rosa, scrittore di Polla autore di un volume sul Vallo.  

L’Osservatore degli Alburni sulla Valle del Diano“, G. Albi-Rosa, Napoli 1840.

Le Grotte di Pertosa-Auletta nella storia

, ,

Il primo “turista”: Leandro Alberti

Nella storia le Grotte di Pertosa-Auletta e l’abitato di Pertosa sono state descritte più volte da viaggiatori e studiosi che hanno attraversato il Vallo di Diano. La prima descrizione, quella più antica, risale al 1526 ed è opera del teologo Leandro Alberti, che percorse tutta l’Italia annotando nel suo libro ciò che vedeva.

Passato la Pola, comincia la valle di Diano. Vero è, che fra l’Auletta, et detta valle di Diano (ch’è oltre l’Auletta due miglia) vi è a man destra della via una Spelonca dalla natura fatta sotto l’alto, et sassoso monte 30 piedi alta, et 50 larga, nel cui mezzo vi è uno scoglio, sopra il quale è un altare posto all’Arcangelo S. Michele consacrato, ove alcuna volta se gli dice Messa. Da ogni lato di detto altare veggonsi le chiare acque correre, tal che vi pare intorno un lago. Quivi sentesi un gran rimbombo fatto dall’acqua nell’entrata, che fa nel prefato Laghetto, impingendo ne’ sassi. Casca poscia essa acqua per la bocca della spelonca, et strabocchevolmente scendendo per li sassi, cagiona grandissimo strepito, insino che ella è giunta nella molto cupa valle, avenga ch’è picciola. Et quivi principia il fiume Negro molto grande per tanta abbondanza d’acqua. Ritrovandomi quivi sì come curioso, volsi intendere il principio, et origine di tanta abbondanza d’acqua, che esce da detta Spelonca, da gli habitatori del paese, da i quali mi fu accertato quella derivare da un picciolo Lago, che si ritrova nel principio della valle di Diano, di quindi poco più di due miglia discosto, o poco meno, che per un sotterraneo cuniculo quivi passa.” (“Descrittione di tutta l’Italia”, Leandro Alberti, 1546).

I biografi del Regno di Napoli

Qualche secolo dopo è Lorenzo Giustiniani, erudito e biografo del Regno di Napoli, a stilare una precisa descrizione di Pertosa. “Pertosa, in Principato Citeriore, in diocesi dei Benedettini della Cava, distante da Salerno miglia 38 in circa, è un paese diviso in tre piccioli casali, abitati da circa 700 individui. Il luogo è di mal’aria, ma abbondante di olivi. E’ celebre la voragine, ove profonda il Tanagro: e che dopo il corso di due miglia con istraordinario rumore sbocca da una grotta, che dicesi appunto la Pertosa, dell’altezza di palmi 50 e 30 di larghezza giusta la misura che ne prese l’Alberti. Vi si vede un’edicola all’Arcangelo S. Michele intitolata, e che forse fecero i Cristiani apporla all’antica usanza di ergere delle are a’ fiumi stessi […] (“Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli di Lorenzo Giustiniani a Sua Maestà Ferdinando IV re delle Due Sicilie”, Napoli 1804).

Anche Giuseppe Maria Alfano, incisore, dedica nel 1823 a Pertosa e alle Grotte alcune righe della sua opera.

“Pertosa, casale sulla strada regia che conduce alle Calabrie, d’aria mala, Diocesi della Trinità della Cava, feudo di Parisani. Produce grani, granidindia, legumi, frutti, vini, oli. Vi è una grotta alta più di 50 palmi e larga 30, ove il fiume Tanagro detto il Nero entra nella valle di Diano vicino la Polla; profonda in una voragine, e dopo il sotterraneo corso di poco più di due miglia, sbocca con gran rumore in questa grotta, in cui si vede un Altare di S. Michele. Fa di popolazione 750.”(“Istorica descrizione del Regno di Napoli”, G. M. Alfano Napoli 1823)

Le esplorazioni scientifiche

Il 1800 vede anche il viaggio di tre botanici nei territori del Vallo, che raccontano così la loro esperienza.

Da Auletta dirigendoci alla Polla passiamo il Negro su piccol ponte di pietra, e dopo mezza ora di cammino, stringendosi sempre più la vallata, ci troviamo sull’alto della rupe, donde il Tanagro sboccando si precipita in bellissima cascata, le cui limpide onde alto spumeggiano frangendosi tra quegli erbosi macigni. A renderne più spettacoloso l’effetto, a destra di essa, diverse altre cascatelle scendono dal monte, una delle quali impegnasi ad animare un molino. Quel luogo è detto la Pertosa, e dà il nome all’osteria sulla strada, ed al villaggio del prossimo monte.”(“Viaggio in alcuni luoghi della Basilicata della Calabria Citeriore”, L. Petagna, G. Terrone. M. Tenore, 1827)

Gli scrittori autoctoni: Giuseppe Albirosa

La descrizione più poetica delle Grotte di Pertosa-Auletta è, però, quella di Giuseppe Albirosa di Polla, autore di un volumetto sul Vallo.

Fermati, o passaggiero, al maestoso aspetto della Grotta di San Michele”. Così sembra imponente al guardo de’ viandanti la scura facciata del concavo Tempio fra Pertosa e Polla. E’ esso veramente che offre le prime osservazioni pel Vallo di Diano. Circondato da pochi alberi di ramosi querci sulla riva del Tanagro si scovre una vasta Caverna a piedi del monte intagliata, che guarda imminente la Consolare Aquilia all’opposto di detto Fiume. Sì l’è degna di osservarsi. Bella più si scovre a primavera, quando fra l’ombre degli annosi rami il sole riflette sua luce animatrice delle acque che perennemente vi scorrono alle volte di quei muschiosi burroni. Allor più non vi alloggia la moltitudine di augelli della notte, che amica del silenzio e delle ombre vi accorre a trovar rifugio fra le fissure del concavo macigno. Allora in vece de’ funesti canti del barbuto gufo e dell’immonda civetta risuonano i dolci concerti del gorgheggiante usignolo e del melodico lucarino. […] Giunto poi all’entrata si osserva un ponticello alto non più che 9 palmi, per dove scendendo si entra nella maestosa spelonca. Qui si vede quasi un sol pezzo di concavo macigno che naturalmente ricovre a volta il piano pavimento della pietra istessa. A dritta dell’entrata, quasi al mezzo di essa resta un’ara innalzata al culto dell’Arcangelo Michele, che dà nome allo speco medesimo, ove si erge la statua di questo Santo, e pare che il venerando terrore di Religione più serva ad accrescere quello del luogo. Ed in questo punto si dice, che fosse rimasto fino allo scorso secolo un busto di Apollo nascosto fra macigni. A sinistra poi dell’entrata si scovre il volume delle acque, che àn sorgiva dall’ultima scura volta, ove l’antro si va restringendo, ed ivi l’onde abbandonano lo strepitoso mormorare, e trascorrendo con imponente silenzio annunziano la profondità del letto, che sempre più si va scavando.“(“L’Osservatore degli Alburni sulla Valle del Diano” Giuseppe Albi-Rosa, Napoli 1840)

Gli storici: Racioppi di Lagonegro

L’ultima descrizione è da parte di uno storico di Lagonegro, Giuseppe Racioppi, arrivato nel Vallo di Diano per studiare gli effetti del terremoto del 1857, che così descrive Pertosa e le Grotte.

Questa parte del Citerior Principato, che stringendosi a bacino vien detto del Vallo, si addossa all’altro di Marsico nella Basilicata, onde il divide la schiena degli Appennini, e il Calore interseca allagando per gittarsi nel Sele fin là presso a Polla, ove ei s’ immette in una buca, per due miglia si asconde, poi si sprigiona dal cavo di una rupe appo Pertosa, che ne ebbe il nome”. (“Sui tremuoti di Basilicata nel dicembre 1857”, in “L’Iride”, a.2, n.41. Napoli 1858, G. Racioppi)

“Dialoghi di Storia”: appuntamento a Rivello

,

Ritorna il consueto appuntamento con Dialoghi di Storia. Questa volta l’incontro si terrà a Rivello, grazioso borgo in provincia di Potenza. Sede dell’incontro sarà il meraviglioso Monastero di Sant’Antonio, situato nella parte bassa del paese.

Edificato intorno al ‘500, il monastero conserva al suo interno pregevoli affreschi di Giovanni Todisco, pittore napoletano, tra cui la spettacolare ed insolita “Ultima Cena“. La sua particolarità consiste nell’essere ambientata in una sala riccamente addobbata, e gli stessi personaggi sono vestiti in maniera sfarzosa.


https://scrittisullarteebeniculturali.wordpress.com/2017/08/30/ultima-cena-convento-di-santantonio-rivello/

La cornice ideale, quindi, per i Dialoghi di Storia, che affronteranno il tema del monachesimo italo-greco alla luce delle testimonianze pervenuteci finora. Un viaggio affascinante fortemente voluto dalla Fondazione MIdA insieme alla Rete dei Musei del Vallo di Diano, i Forum giovanili, le Associazioni locali e patrocinato dai Comuni, dalla Regione Campania e dall’Assessorato al Turismo. Il seminario sarà condotto dalla curatrice Rosanna Alaggio, professore associato di Storia Medievale all’Università degli studi del Molise.

Il seminario riguarderà le vicende di quell’insieme di monaci che, a causa dell’invasione araba del Mediterraneo nell’anno Mille, furono costretti ad emigrare. Popolarono, così, zone interne della Campania e della Basilicata fino a quel momento quasi vergini, e diventarono punti di riferimento per le comunità che lì si crearono. Costruirono santuari o si ritirarono in anfratti naturali, allontanandosi dalle tentazioni e dai bisogni materiali a favore della più perfetta solitudine e preghiera. Una storia quasi sconosciuta ma affascinante, a cavallo fra storia e leggenda.

Vi aspettiamo, quindi, il 24 agosto 2019 alle ore 18:00 per vivere insieme un momento di straordinaria cultura e fortemente identitario, alla scoperta delle radici comuni che hanno plasmato i nostri territori.

Ecco i prossimi appuntamenti:

Calendario Dialoghi di Storia 2019

Il sito palafitticolo nelle Grotte di Pertosa-Auletta

, ,

Il contesto

Moduli abitativi replicabili all’infinito, eco-sostenibili e di facile manutenzione. Materiali bio, plastic-free, riutilizzo creativo e impatto zero. L’ultima tendenza in fatto di abitazioni? No, un sito palafitticolo di circa 3500 anni fa.

Gli uomini del Bronzo medio

All’incirca 3500 anni fa gli uomini che vivevano di pastorizia, attirati dal grande ingresso naturale, scoprirono le Grotte di Pertosa-Auletta. Il luogo piacque loro, e decisero di stabilire lì la loro dimora. L’unico problema era, però, la presenza del fiume sotterraneo, che rendeva difficile una permanenza stabile. L’acqua avrebbe infatti ostacolato attività quali l’accensione del fuoco o una permanenza prolungata. Come risolvere tale situazione?

La grotta vista dall’interno. Ricostruzione.

La soluzione: i Moduli

Si adottò una soluzione semplice e contemporaneamente complessa: si infissero dei pali di legno di rovere, detti “ritti“, nel letto del fiume. Successivamente sui “ritti” si posero delle travi di legno dette “correnti“, unite tra di loro con un gioco di incastri a formare una sorta di cornice. Esse fungevano da supporto per le “traverse“, pali più piccoli che riempivano la cornice formando dei moduli base di forma quadrata. Tali moduli, replicati, costituirono infine un’unica superficie. Questa tecnica costruttiva consentì innanzi tutto alla piattaforma di avere maggiore stabilità, e poi permise una manutenzione molto più facile. La sostituzione di un eventuale pezzo danneggiato divenne infatti più semplice, scongiurando il pericolo di crolli improvvisi. Anche il monitoraggio della piattaforma ne trasse beneficio: più moduli erano controllabili con maggiore efficienza rispetto ad un unico modulo grande.

Uno spaccato delle Grotte con l’estensione della piattaforma. Ricostruzione.

Il perfezionamento

Al di sopra di questa piattaforma si stese uno strato di “isolante“: ramoscelli, arbusti di ginestre, foglie secche, che formarono una sorta di cuscinetto. Su di esso si costruì una “pavimentazione” vera e propria in argilla, che consentì l’accensione del fuoco e le attività della vita quotidiana. Su questo pavimento infine si realizzarono le capanne per gli uomini e i ricoveri per gli animali. Questo complesso di costruzioni formò il sito palafitticolo che gli archeologi oggi hanno ritrovato, la cui ricostruzione è in mostra al Museo Speleo-archeologico di Pertosa.

Particolare dell’interno delle Grotte con le costruzioni. Ricostruzione.

La contemporaneità

Corsi e ricorsi storici: la tecnica dei moduli abitativi replicabili è molto usata dall’architettura contemporanea, da quella giapponese (la Nakagin Capsule Tower) a quella americana (le micro-case) o svedese (i moduli IKEA). Piccole unità abitative replicabili che possono essere variate a piacimento e dalla facile manutenzione. E pensare che i primi ad inventare una tecnica simile indossavano pelli di capra e vivevano in una grotta.

Viaggiare in epoca romana. La Regio-Capua

, , ,

La Regio-Capua

Il 132 a.C. è una data importante per il Vallo di Diano: segna la fine della costruzione della Regio-Capua, ossia la strada consolare romana che portava da Reggio Calabria a Capua e che attraversava il Vallo di Diano. Una delle testimonianze più interessanti riguardanti la sua costruzione si trova nel cosiddetto “lapis Pollae”, ossia un cippo di epoca romana rinvenuto a Polla. È una sorta di pietra miliare in cui sono incise le distanze da percorrere per raggiungere Nocera, Capua ed altre località toccate dalla via consolare. L’autore è sconosciuto, ma si vanta sia della costruzione della strada sia di aver introdotto l’agricoltura in quelle terre.

https://www.turistavagamondo.it/2017/12/07/polla-salerno-viaggio-alla-scoperta-dellantica-viabilita-nel-vallo-diano-della-lapis-pollae-antica-epigrafe-romana-latino-incisa-lastra-marmo/

La Tabula Peutingeriana

La via “ab Regio ad Capuam“, chiamata anche via Popilia o via Annia, era una via di estrema importanza: fu percorsa dal poeta romano Lucilio, da Cicerone e da Caligola, giusto per citare alcuni nomi. Era riportata su una delle mappe più famose dell’antichità, la cosiddetta Tabula Peutingeriana, che mostrava tutto l’impero romano e le strade che lo attraversavano. Fu rinvenuta nel 1507 da Konrad Celtes, bibliotecario dell’imperatore Massimiliano I, come copia medievale dell’originale romano. Lunga quasi sette metri, tale mappa era composta da undici “riquadri” (segmenta) cuciti tra loro sui quali era rappresentato tutto il mondo conosciuto, che andava dall’Africa alla Cina. Deve il suo nome al secondo proprietario, Konrad Peutinger, un diplomatico tedesco vissuto tra la fine del ‘400 e la prima metà del ‘500. Aprendola e individuando la zona di interesse era possibile, capire l’itinerario di un possibile viaggio, le distanze, la presenza di mari o fiumi lungo il cammino e le soste. Gli autogrill sull’autostrada di oggi un tempo erano le stazioni di posta romane, o mansiones, che si dividevano in due tipologie. Una, le mansiones appunto, erano delle semplici aree di sosta presenti lungo il cammino. L’altra, le mutationes, erano i luoghi ove si potevano cambiare i cavalli.

http://luciodp.altervista.org/scuola/storia/mappe/peutingeriana.html

Il tragitto

Se un visitatore dell’antichità avesse voluto, ad esempio, raggiungere il Vallo di Diano da Eburum, ossia Eboli, avrebbe aperto la Tabula, guardato l’itinerario e capito che l’unica “stazione di servizio” era ad Silarum, cioè sul fiume Sele. Il luogo corrisponde all’attuale uscita autostradale di Campagna. Dopodiché, dopo aver cambiato i cavalli, avrebbe proseguito il suo viaggio per Acerronia – Auletta – e Pertusia – Pertosa – passando per le Nares Lucaniae, l’attuale Scorzo. Non esistendo ancora il ponte di Campestrino – dicitura corretta di Campostrino- sarebbe passato da Caggiano per poi ridiscendere. Allo stesso modo, continuando il viaggio, avrebbe incontrato Forum Annii (Polla), Atina (Atena), Forum Popilii (verso Sala Consilina), Marcellianum (dov’è oggi il Battistero di San Giovanni in Fonte), Cosilinum (Padula), Tegianum (Teggiano), Sontia (Sanza).

La Regio-Capua proseguiva poi per Reggio Calabria attraversando Castrovillari (Caprasia), Cosenza (Consentia), Vibo Valentia (unione di Vibona e Hipponium, poi Valentia) e Scilla(Scyllaeum). Dalla parte opposta, invece, la strada partiva da Santa Maria Capua Vetere per puntare su Nola (Nola), Palma Campania (Ad Teglanum), Nocera (Nuceria) e Salerno (Salernum).

Continua la ricerca sulle vermicolazioni nelle Grotte di Pertosa-Auletta

,
Gli studi della dott.ssa Rosangela Addesso, giovane e brillante ricercatrice di Auletta, sulle vermicolazioni nelle Grotte di Pertosa-Auletta continuano.
È proprio degli ultimi giorni la pubblicazione di uno dei suoi lavori sulla rivista scientifica internazionale CATENA (CATENA – An Interdisciplinary Journal of Soil Science – Hydrology – Geomorphology focusing on Geoecology and Landscape Evolution), dal titolo “Le vermicolazioni nelle grotte carsiche: il caso delle Grotte di Pertosa-Auletta” (Vermiculations from karst caves: The case of Pertosa-Auletta system – Italy).
Lo studio delle vermicolazioni nelle Grotte di Pertosa-Auletta, risultato di un impegno a più mani e della collaborazione tra l’Università degli Studi di Salerno e l’Università di Bologna, darà un importante contributo nella conoscenza di queste affascinanti formazioni.
Ricerca sul campo
Ecco l’abstract:

A differenza degli spettacolari speleotemi che si è soliti trovare in ambienti di grotta, le vermicolazioni sono formazioni la cui origine è ancora oggetto di numerosi dibattiti.

Per la comprensione della loro natura ed evoluzione, sono state studiate le proprietà geochimiche di uno dei più importanti sistemi carsici dell’Italia meridionale, la grotta di Pertosa-Auletta, attraverso un approccio integrato che include analisi elementali, mineralogiche e microscopiche, fornendo così una prima analisi quantitativa di questi affascinanti depositi.

Le vermicolazioni presentano un’eccezionale diversità nella loro morfologia, colore, composizione chimica e minerale, dovuta principalmente a determinanti esogene come la deposizione di sedimenti portati dalle acque o dall’aria o di materia organica, nonché lo sviluppo di comunità fotoautotrofe. Sono invariabilmente costituite da calcite, associata a quarzo e ad argille, e da altri minerali secondari, la cui formazione è probabilmente mediata biologicamente.

Le evidenze dell’attività microbica osservate attraverso le tracce di dissoluzione dei minerali supportano il possibile coinvolgimento di processi biogenici nello sviluppo delle vermicolazioni.

 

Per richiedere il testo integrale:

https://www.researchgate.net/publication/334611307_Vermiculations_from_karst_caves_The_case_of_Pertosa-Auletta_system_Italy

Il suolo: un fumetto insegna a tutelarlo

,

E’ una delle risorse più preziose e fragili del pianeta Terra e permette la vita. E’ il suolo, di cui spesso si ignora fino in fondo l’importanza e la necessità, di conseguenza, di tutelarlo. Nonostante i rapporti annuali che ne denunciano la sempre maggiore scarsità, sempre di più si assiste alla sua distruzione. E’ in questo solco che si inserisce il fumetto “Vivere nel Suolo”, che invita a riflettere sulla consapevolezza della importanza del suolo e della necessità di tutelarlo. Affronta principalmente il tema del consumo di suolo, importantissimo nel nostro Paese, e che ha raggiunto dati allarmanti. Basti pensare che il Rapporto Ispra-Snpa sul “Consumo di Suolo in Italia 2018” ha evidenziato come se ne consumino due metri quadrati al secondo. Una “cementificazione” selvaggia che distrugge le aree costiere e non risparmia neanche le aree sottoposte a vincolo paesaggistico.

I dati

Le zone d’Italia maggiormente interessate sono quelle del Centro e del Nord Italia, seguite a breve distanza dal Sud. Si calcola che finora la quantità di suolo irrimediabilmente perso si aggiri sui 23.000 km2. Se si aggiunge che nell’ultimo quarto di secolo si è perso il 20% dei suoli agricoli mondiali, ecco che la situazione assume connotati molto seri.

https://www.snpambiente.it/2019/03/08/il-consumo-di-suolo/

Il fumetto

Questo fumetto è stato originariamente prodotto in lingua Galiziana e poi adattato e tradotto in Spagnolo ed Inglese. Si propone di trattare il delicato argomento dell’utilizzo sconsiderato del suolo attraverso un linguaggio semplice e immediato. La versione Italiana è stata realizzata attraverso la collaborazione delle Società Italiana e Spagnola di Scienza del Suolo, da Carmelo Dazzi e Giuseppe Lo Papa dell’Università di Palermo, per celebrare il decennio internazionale dei suoli (2015-2024).

Il messaggio che invia, “Dobbiamo conservare il suolo perché non possiamo sostituirlo“, è quanto di più attuale e importante ci possa essere. Dal suo corretto utilizzo, infatti, dipende l’agricoltura, che sfama il mondo; dipendono gli alberi, che impediscono le frane. In parole povere, l’umanità dipende dal suolo.

 

Scarica qui la tua copia: http://scienzadelsuolo.org/_docs/160922_COMIC_VivereNelSuolo.pdf

Dialoghi di Storia Walking Tour: Padula

,

Il Walking Tour continua

La tappa numero tre di Dialoghi di Storia Walking Tour questa volta si sposta a Padula, già sede dei precedenti Dialoghi di Storia. Dopo i saluti istituzionali, affidati all’Assessore alla Cultura Filomena Chiappardo in piazza Umberto I alle ore 16:30, ci si sposterà tutti insieme verso uno dei luoghi più significativi del monachesimo italo greco, ossia la chiesa di San Nicola Delle Donne.

I motivi di un nome

Il nome “San Nicola De Donnis” da sempre è oggetto di dibattiti: alcuni vedono in quel “De Donnis” la contrazione di “De Domnis”, ossia “dei signori”, in riferimento forse a qualche autorità locale del tempo. Altri, invece, traducono il “de donnis” in “delle donne”, spiegandolo con la presenza nelle vicinanze di un istituto religioso femminile.

Al di là delle interpretazioni, è sicuramente una chiesa molto peculiare: alle particolarità architettoniche dell’esterno unisce il fatto di essere l’unica chiesa a conservare all’interno tracce dell’iconostasi, la bizantina divisione fra la zona dell’altare e la zona riservata ai fedeli. L’aula quadrata, con tracce di affreschi, presenta una cavità che conduce ad un Martyrium, ossia una cripta sotterranea.

Programma della giornata

Un luogo ricco di fascino, ubicato a ridosso della Chiesa Madre e nelle vicinanze del primo nucleo abitativo del paese. Da qui, dopo il seminario tenuto dalla prof.ssa Rosanna Alaggio, partirà alle 18:00 un itinerario a cavallo di epoche e ordini religiosi che dai bizantini toccherà i basiliani e gli agostiniani, spettatori privilegiati della vita politica del luogo.

Da San Nicola ci si sposterà quindi a San Agostino, tra suggestioni storiche ed esempi di arte presepiale a cura dell’Associazione Amici del Presepe di Padula.

Alle 19:00 ci sarà il seminario itinerante “Scritti di luce” a cura di Pasquale Di Maria, founder di Vallo a Conoscere e co-organizzatore dell’evento, che spiegherà i rudimenti della street fotography approfittando degli scorci e delle prospettive di questo suggestivo percorso.

Appuntamento a Padula, quindi, sabato 28 luglio alle ore 16:30 per i Dialoghi di Storia Walking Tour.

MODALITA’ DI PARTECIPAZIONE

Contributo organizzativo: € 5.00

PRENOTAZIONI ED ISCRIZIONI: ENTRO E NON OLTRE IL 25 LUGLIO

Pasquale 3208625168

Serena 340 623 1645

valloaconoscere2@gmail.com

www.fondazionemida.it

L’impianto idroelettrico delle grotte

Storia dell’impianto

Alla fine del 1800 l’evoluzione della “ruota idraulica” in una “turbina motrice” determinò un progresso tecnico importantissimo, ossia lo sfruttamento della forza cinetica dell’acqua. Cadendo, infatti, l’acqua azionava le pale della turbina, permettendo la produzione dell’energia elettrica. Il grande dislivello e la notevole quantità di acqua disponibile convinsero Alfonso Palladino (che da proprietario di un mulino di sfruttamento dell’acqua si intendeva) ad interessare la Società Italiana delle Applicazioni Elettriche di Torino per realizzare, così, un impianto idroelettrico tra i primi in Italia.

La progettazione fu affidata alla Ditta Ing. Buonomo e Utili di Napoli, i lavori di costruzione durarono circa quattro anni e l’impianto fu inaugurato il 15 settembre 1907. La “corrente” prodotta nella “Centrale”, nell’arco di qualche mese, raggiunse con una prima linea di circa 23 chilometri Sala Consilina, costeggiando la strada “nazionale delle Calabrie”. Inerpicandosi per le rampe di Campestrino arrivò poi a servire, con delle diramazioni, i comuni di Polla, Sant’Arsenio e San Pietro al Tanagro, per poi raggiungere Atena Lucana e Teggiano. Dalla parte opposta furono alimentate Auletta, Caggiano e Buccino.

Per le popolazioni di questi Paesi fu un cambiamento epocale, soprattutto se si pensa che l’energia elettrica serviva allora quasi esclusivamente per le lampade dell’illuminazione pubblica e privata. Per la popolazione di Pertosa l’impianto idroelettrico, la cosiddetta “Centrale“, significò anche un significativo incremento dell’occupazione.

Problemi religiosi nella costruzione dell’impianto

Prima della realizzazione dell’opera i Benedettini di Cava dei Tirreni si opposero alla realizzazione di qualunque manufatto all’interno della Grotta, per preservarne “la naturale bellezza” e per non “urtare il senso religioso delle popolazioni finitime”.

Per contenere le acque fu quindi realizzato, esternamente alla Grotta, un muro con funzioni di diga dal quale prende origine la condotta forzata.

La condotta, che dalla diga portava l’acqua nella Centrale, fu realizzata con non poche difficoltà ma senza incidenti. Ha una doppia pendenza ed è completamente sotterrata.

l’impianto idroelettrico del Tanagro ha assicurato per decenni l’energia elettrica all’intero circondario, ed ha accompagnato per più di un secolo l’immagine delle Grotte di Pertosa-Auletta integrandosi in modo armonioso.

Foto e testo di Vittorio Caggiano