
La palafitta protostorica. Indagini archeobotaniche
Abstract del saggio presente nel volume “Tra pietra e acqua. Archeologia delle Grotte di Pertosa-Auletta”
Uno degli aspetti più singolari del giacimento archeologico delle Grotte di Pertosa-Auletta è costituito senz’altro dal fatto che esso ha preservato numerosi resti di un impalcato ligneo di età protostorica. Le evidenze maggiormente spettacolari – oggi non più accessibili a causa della costruzione di una piattaforma in cemento – sono costituite dai piani transitabili di un duplice livello palafitticolo, scavato alla fine del XIX secolo. Durante gli scavi ottocenteschi, Giovanni Patroni, Paolo Carucci e Aurelio De Gasparis fornirono informazioni circa i resti vegetali rinvenuti come elementi di paleria e frammisti nel deposito fangoso; in prima analisi, dunque, questo contributo offre una lettura critica dei dati archeobotanici desumibili dalle pubblicazioni degli scavi di fine ‘800.
Fortunatamente, nell’area dell’alveo torrentizio si sono conservate, e sono tuttora accessibili, le strutture verticali dell’impalcato, principale oggetto del presente lavoro. In totale sono stati censiti 86 pali (detti anche “ritti”), ancora infissi nel fondale del fiume all’interno della grotta. L’analisi xilologica è stata condotta su 46 campioni prelevati da altrettanti pali durante le campagne di ricerca del 2009 e del 2013 e su 20 campioni lignei di attribuzione incerta prelevati in uno strato ricco di materiale vegetale. Il primo livello di analisi concerne la ricostruzione paleoambientale: il confronto tra le essenze riconosciute all’interno del sito e la vegetazione attuale dell’area circostante, alla luce delle variazioni paleoclimatiche protostoriche note in letteratura, hanno consentito di elaborare una preliminare ricostruzione del paleoambiente e dell’area di catchment delle risorse lignee. Le analisi archeobotaniche hanno fornito informazioni su quali tipi di legno siano stati preferiti nel sito come materiale da costruzione durante l’età del Bronzo. Esse hanno altresì consentito di avanzare ipotesi circa le conoscenze possedute dalle genti protostoriche insediatesi nella cavità riguardo alle proprietà meccanico- tecnologiche dei materiali legnosi impiegati nonché alla loro selezione rispetto ad un ampio spettro di risorse boschive disponibili.

FRANCESCO BREGLIA
Università del Salento, Dottorato di ricerca in “Scienze del Patrimonio Culturale”, Laboratorio di Archeobotanica e Paleoecologia
Centro Regionale di Speleologia “Enzo dei Medici”, Commissione di Ricerca per l’Archeologia delle Grotte, Roseto Capo Spulico

GIROLAMO FIORENTINO
Università del Salento, Dipartimento di Beni Culturali, Laboratorio di Archeobotanica e Paleoecologia